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Intervista a Paolo Ferrara

Ciao Paolo, benarrivato in La strada per Babilonia. Ci racconti chi sei e cosa fai?

Innanzitutto grazie per il benvenuto e l'accoglienza. Sono un bolognese trapiantato a Torino con mamma napoletana e papà siciliano, ovvero in definitiva una sorta di meticcio italico, con un legame fortissimo all'atto del raccontare (e inventare storie). Sono un onnivoro che ama tutto ciò che racconta una storia, dalla letteratura al cinema, dall'animazione al teatro, dal documentario alle serie tv fino a tutte le possibili e a volte strane forme che può assumere una storia. Una passione che vivo con forza da fruitore e che ho sempre perseguito con l'idea di farne il centro della mia vita e un mestiere. Un percorso complicato e caotico che mi ha portato a scelte bizzarre: ho abbandonato ben due contratti a tempo indeterminato (pura follia se pensata al momento attuale); ho fatto lavori di ogni genere, strane collaborazioni, corsi di diverso tipo (una volta da “studente”, oggi da docente); ho scritto come articolista e recensore in vari ambiti e parlato come autore e speaker in un paio di programmi radio. Ho portato avanti i progetti più disparati, continuamente e in grande quantità. Ho a che fare con scrittura audiovideo (un cortometraggio horror selezionato in vari festival e alcuni progetti in sviluppo), fumetti (un fumetto sci-fi per diversi editori in digitale italiani e americani e in autoproduzione nel formato cartaceo e un fumetto promozionale per un azienda motociclistica cinese, più varie cose in sviluppo), libri per bambini (uno per Milena edizioni e altri in arrivo per un editore degli Emirati Arabi), videogame (due progetti in imminente uscita e altri in via di sviluppo), qualche piccolo progetto di teatro e, ovviamente, narrativa.


L’orrore numero 91 è il titolo del tuo racconto. Un titolo particolare, ci cosa parla?

Fondamentalmente l'Orrore 91 parla dell'assuefazione all'orrore peggiore di tutti, non quello immaginifico che arriva dai mostri e dal sovrannaturale, ma quello della guerra. Un orrore che ormai è vissuto come qualcosa di distante, estraneo, quasi sconosciuto. Per questo è un racconto che ha anche una forte esigenza fisica e viscerale. Gli altri racconti della piccola raccolta sono variazioni sul tema dell'orrore, declinato in altre sfaccettature, incluso quello dell'ironia.


Perché scrivi horror?

La risposta a questa domanda è più difficile del previsto. In realtà non esiste un motivo univoco. Sicuramente una componente importante è il gusto personale. Da lettore, da spettatore, ho sempre adorato le storie di paura. La paura è un emozione strana, un generatore di adrenalina di cui sentiamo estremamente il bisogno a volte (come spiegare altrimenti non solo il successo dell'horror come genere letterario, videoludico, fumettistico o cinematografico, ma anche quello di montagne russe e sport estremi?) Nel nostro mondo moderno la paura, che non deve più confrontarsi con pericoli come quello delle fiere della foresta o di altri pericoli della vita primitiva, ha assunto derive e sfumature disparate, spesso arrivando a condizionare la nostra vita sia sul piano personale che su quello sociale, in modi non sempre scontati. Questo la rende un filtro, un lente con cui analizzare o interpretare la natura umana e la sua psicologia (un'altra delle mie passioni). Ma posso assicurare che questa ancora non è una risposta esaustiva. Ci sono diverse ragioni per cui amo l'horror e generi simili: una sicuramente è la natura intrinsecamente metaforica delle storie considerate “di genere”. Anche se ammetto che spesso la definizione di genere, soprattutto qui in Italia, è qualcosa che finisce per essere una recinzione un poco stretta e a volte fastidiosa.


Qual è il tema che fa da filo conduttore?

Per quanto riguarda la raccolta si tratta di diverse sfaccettature dell'orrore. In alcuni casi, come dicevo prima rispetto all'Orrore numero 91, con un tema e un intento preciso. In altri invece si tratta di un gioco, un divertissement su cliché e meccanismi del genere.


Qual è la caratteristica principale del protagonista del racconto che da il titolo alla raccolta?

Sicuramente la sua natura non empatica, riflesso del distacco e dell'attitudine a percepire il mondo sempre e solo in conseguenza di se stessi. Soprattutto nei confronti (di nuovo) di certi orrori distanti da noi, ma non solo.


Perché leggere L’orrore numero 91?

Chi non vuole farsi un bel giretto al Luna Park ogni tanto?

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